Una preghiera dietro le quinte
Un isolano, un
uomo che è nato e cresciuto su uno scoglio – non importa quanto sia grande
questo pezzo di terra circondato dall’acqua – ha un rapporto speciale con Dio e
con tutto ciò che governa gli eventi.
Riesce a
pregare dietro le quinte. Lo preferisce. C’è un pudore unico, silenzioso e
rassicurante per lui.
Alza la sua
preghiera al cielo o la rivolge verso il mare. È sempre certo che qualcuno lo
ascolti. Lì, seduto accanto a lui silenzioso fino al termine della preghiera.
Dietro le
quinte, al riparo da occhi indiscreti. E prega alla vita, all’amore, alla
speranza e anche alla morte.
Fatalista e
romanticamente aggrappato al sogno di una vita.
E poi cerca in
una poesia il senso delle parole che non riuscirà mai a dire. Quella di un
maestro, Gesualdo Bufalino, nato isolano e morto sullo stesso scoglio.
“Tu, poca, misteriosa vita, che posso dire
di te?
Se m’hai sempre esibito quest’aria da bambolina
truccata;
se non hai fatto mai nulla per persuadermi
d’essere vera...
Odiabile, amabile vita! Crudele, misericordiosa.
Che cammini, cammini. E sei ora fra le mie
mani: una spada, un’arancia, una rosa.
Ci sei, non ci sei più; una nube, un
vento, un profumo...
Vita, più il tuo fuoco langue, più t’amo.
Goccia di miele, non cadere.
Minuto d’oro, non te ne andare.”
E si prega
sullo scoglio, perché vada tutto bene. Perché la tempesta cessi.
Perché
quell’attimo diventi una vita intera.
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