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Visualizzazione dei post da settembre, 2017

Scrivere per inventare un mondo

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«Non c’è atto di libertà individuale più splendido che sedermi a inventare il mondo davanti ad una macchina per scrivere.» Garcia Marquez . Grande. Irraggiungibile. Scrittore immaginifico e sanguigno. Appassionato costruttore di parole. Demiurgo di mondi incantati che accolgono realtà e fantasie. Scrivere. Farlo convinti che sia l’unica cosa che ti permette di fluire come la natura. Come ogni singolo evento naturale. Di essere potente e aspirare ad essere il taumaturgo di isole misteriose nate in mezzo ad un mare grande e senza rotte. Accorgersi che riesci a guardare le onde e avere la loro stessa pazienza. Essere corrente viva che dirotta cose e persone lì dove non vorrebbero mai andare. Governare paure e timori. Istillare coraggio a chi non ce l’ha. Riuscire, addirittura, a trasformare se stessi in abitanti di un altro luogo. Creare. Farlo irradiando anche le forze nascoste che non pensavi di avere. Essere ribelle, controcorrente, accorgerti che il respiro è più sicuro

La scala dei sogni

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Il sacco deve essere capiente. Le scarpe buone da calzare. La scala sicura, appoggiata alla parete della pagina per non farla traballare. E poi salire, tra quelle parole, vicino ad ogni singola lettera che le ha composte. Rileggerle una ad una. Riprovare la stessa emozione di quando le hai scritte. Scalare la pagina, come un provetto alpinista alla sua prima parete. Immaginare la cima, lì dove è iniziato. Salire gradino dopo gradino, stanco e affaticato, per tornare a respirare quell’aria. E nella salita riparare, qui e là, i desideri e le speranze. Risalire ogni pagina per tornare alla vetta. Azione necessaria per rimettere in gioco l’anima. Accorgersi che l’aria, salendo, non è rarefatta. Anzi. Il respiro sembra più regolare. Aperto. Profondo. Ogni libro dovrebbe essere scalato. Ad ogni pagina dovrebbe essere appoggiata una scala. Per andare su e giù. Per avvicinarsi il più possibile ad ogni parola. E ripulirla scrostando ciò che la copre e la rende illeggi

Non finisce mica con un tramonto

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Cosa cercare nel tramonto? Quale ancestrale emozione ci portiamo dietro quando lo scopriamo a occidente? Forse è la rappresentazione dell’illusione che accompagna le nostre vite. Magari è quell’orologio naturale che ci fa parte e pezzi del tempo. Forse ci disegna, con sferzate di colori caldi, vivi e passionali, come svaniscono i sogni. Oppure ci fa scoprire che sogniamo. Ma, probabilmente, se l’occidente dell’Isola è sempre lì, ogni giorno, ogni sogno, allora vuol dire che tutto torna, che non finisce mica con un tramonto. Ma bisogna fermarsi, sì, bisogna fermarsi perché ogni tramonto ha tonalità diverse e magari dentro ci rivedi te stesso, la tua giornata, quel sogno che ricorre nella tua testa e che modelli negli attimi che compongono il tempo della tua vita. “Sempre è commovente il tramonto, per indigente o sgargiante che sia” , e se Borges lo dipinge sul suo foglio bianco in questo modo, lancio le mie cime. Sì, mi sono fermato qualche secondo in più. Ne valeva la p

I racconti delle conchiglie

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Avete mai provato ad accostare una conchiglia al vostro orecchio? Fatelo. Fatelo con più conchiglie, in più luoghi, con una luce diversa. Sentirete dei racconti provenire dall'interno. Sentirete i mari di ogni parte del mondo. Sentirete un suono ora più vicino e più chiaro, ora confuso e più lontano. Avrete l'impressione di essere su un'isola se socchiuderete anche gli occhi. E se avrete voglia di ascoltare quel suono con tutti i vostri sensi, vi accorgerete di udire anche delle voci. Provate al tramonto, oppure nel buio di una notte di tempesta. Ascolterete la vostra anima che potrà essere serena, oppure tormentata e sbattuta dal vento e dalle onde.  Perché le conchiglie sono magiche. Sparse sulle spiagge, come gioielli di mare regalati alla terra, hanno da sempre significato qualcosa per l'uomo. Sono stati preziosi e moneta di scambio, hanno accompagnato i morti e hanno decorato case e barche. Le conchiglie sono fertilità, simbolo del grembo materno ne

L'isola dei sensi non ha coordinate

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L'isola di Nessuno non esiste. Questa risposta la dobbiamo a chi ci chiede dove abbiamo ambientato il nostro racconto. Non esiste perché è lì, nel Mediterraneo, da qualche parte. E la può raggiungere solo chi vuole osservare il mondo con i sensi. Non ci sono coordinate, non troverete una mappa che vi possa indicare la rotta per arrivare fino ad essa. Non potremo mai darvi latitudine e longitudine. Dovete soltanto avere la voglia di imbarcarvi e affrontare il viaggio. Un'isola è una contraddizione, un luogo di conoscenza e di oblio, è dimora di dei, ma anche rifugio di mostri, un luogo che ti costringe a stare solo. E a cercare. Una planimetria che pensi di aver chiara nella tua mente. Ettari di libertà che pensi di poter vivere e conoscere tutti. Un mondo che realizzi, a volte idealizzi, ma che è chiaramente tanto. E lo vivi, lo cammini, lo respiri. Lo materializzi in immagini ben precise, quasi vissute. A volte appaiono dal fondo di un foglio bianco, altre da oc

Non innamorarti delle onde

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Quanto mondo avranno conosciuto, fortunate loro, le onde che arrivano stanotte sull'isola. Quante coste avranno battuto e quanti scogli avranno sfidato. Quante spiagge avranno sfiorato per ritirarsi subito dopo. E le lune che avranno riflesso? Quante saranno? E le stelle? Quanto avranno giocato con loro tra calette e risacche. Le onde avranno consumato milioni di miglia e avranno girato più volte il mondo. Si saranno infrante disperate sui faraglioni superbi e anche sull'eroica roccia del piccolo golfo appena fuori dalla città. Le onde hanno portato con loro racconti e leggende, promesse e minacce, poesie e canzoni disperate di una notte. Hanno cullato vita e accompagnato morte adagiandola sulla sabbia. Si sono avvicinate curiose e timorose per sentire parlare d'amore. Hanno bagnato i piedi degli amanti e anche di chi si cerca ancora. Non hanno disturbato il viandante sulla battigia, quell'uomo solitario che va avanti e indietro lasciando impronte che loro

Le funi della vita

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Quante storie racconterebbero queste funi se potessero parlare? A quali imbarcazioni, grandi e piccole hanno dato la possibilità di attraccare a riva in un porto sicuro? Di quali marinai, passeggeri, viandanti, viaggiatori o commercianti potrebbero narrare? Viaggiatori dello spazio e del tempo che solcano il mare in cerca del pescato, in cerca di reperti, di emozioni forti, in cerca di libertà. A turisti per caso animati dal desiderio di visitare nuove isole, luoghi inesplorati della nostra anima. Quanti saluti hanno udito? Quanti abbracci hanno visto? Quante lacrime salate hanno visto versare per poi disperdersi nelle azzurre acque che lambiscono le spiagge della nostra vita? Quante volte queste funi, radici del cuore hanno resistito tenacemente allo scorrere del tempo, all'avvicendarsi delle stagioni, alla forza irruente del mare, alle onde che rumorosamente si rompono sugli scogli il cui risucchio tenta di portar via con se ciò che non è saldamente ancorato ad un punto fermo

Frammenti di stelle

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Avere una dispensa speciale. Una dispensa magica dove custodire i barattoli del tempo e delle stelle meno belle ma luminose. Imbottigliare gli attimi vissuti perché se ne possa godere di tanto in tanto. Tenerli gelosamente al chiuso e raccontarli ancora a se stessi. Sedere sulla panchina vicino al mare, sentire le onde che si avvicinano più calme, curiose anche loro. Prendere il barattolo e aprirlo lentamente evitando che neppure un grammo di attimo vada perduto. Con il dito girare attorno al bordo e rimettere dentro. Poi abbandonare le spalle sulla panchina e rilassarsi ripensando a quel tempo che hai scelto. Sentirne parole e suoni, profumi in lontananza che si manifestano magicamente. Riascoltare anche una canzone che, non hai mai compreso il perché, hai legato sempre a qualcuno e ti ha fatto pure piangere. Posare il barattolo accanto a te, sulla panchina. Perché il tempo ti riportasse qualcuno lì accanto. A questo punto, con le onde che si spingono l'un l'altra per resta