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Visualizzazione dei post da ottobre, 2017

La luce dell'anima

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È una figura struggente. Una inaccessibile bellezza che svetta in mezzo alla tempesta, frustato dalle onde che sbattono violente e irriverenti. Il faro è la stessa anima di un’isola. È rifugio, è solitudine, è tristezza, è coraggio, è anche vita. Ardimentoso guerriero a guardia di uno scoglio, possente, alto e fermo. Domina il mare e svetta sulle acque, sembra un castello a volte. Mistero e magia. Incantesimi e fascino, malinconia di chi sa di essere solo. Leggende e opere letterarie lo hanno reso protagonista. Forse perché è l’unico barlume di luce nell’oscurità. Proprio quando tutto sembra perduto appare per guidarti o dirti “Attento, stai per sbattere”. Il mare, le stesse onde, lo guardano con rispetto. Solitudine, malinconia, coraggio, meritano rispetto. Forse perché il faro, oltre ad essere l’anima stessa dell’isola, è luce intima a cui tendere per rischiarare quanto di più buio nella nostra anima. Introspezione, da soli dentro il faro, pronti per sfidare la notte,

Una preghiera dietro le quinte

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Un isolano, un uomo che è nato e cresciuto su uno scoglio – non importa quanto sia grande questo pezzo di terra circondato dall’acqua – ha un rapporto speciale con Dio e con tutto ciò che governa gli eventi. Riesce a pregare dietro le quinte. Lo preferisce. C’è un pudore unico, silenzioso e rassicurante per lui. Alza la sua preghiera al cielo o la rivolge verso il mare. È sempre certo che qualcuno lo ascolti. Lì, seduto accanto a lui silenzioso fino al termine della preghiera. Dietro le quinte, al riparo da occhi indiscreti. E prega alla vita, all’amore, alla speranza e anche alla morte. Fatalista e romanticamente aggrappato al sogno di una vita. E poi cerca in una poesia il senso delle parole che non riuscirà mai a dire. Quella di un maestro, Gesualdo Bufalino, nato isolano e morto sullo stesso scoglio. “Tu, poca, misteriosa vita, che posso dire di te? Se m’hai sempre esibito quest’aria da bambolina truccata; se non hai fatto mai nulla per persuadermi d’essere ver

Maledetto dentro un incantesimo

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“Amo di un amore bestiale e profondo, spregevole e maledetto, tutto quello che vive...” . E, bisognerebbe aggiungere alle parole di Maupassant, tutto quello che ti chiama per dirti qualcosa nel silenzio. Un luogo da amare visceralmente perché lì trovi ciò che ti manca. Un sortilegio che ti trascina dentro l’anima tormentata della notte. Affacciato dalla roccia bagnata per guardare il mare e la luna che si guardano prima di fare l’amore. E amare di un amore bestiale e profondo quell’immagine che è lì per te e solo per te. E sentirti un maledetto per essere stato scelto da quell’incantesimo che ti fa stare bene dentro la tempesta. E sentirti viaggiatore di questa vita. E come lo scrittore pensare che “...la gioia che mi pervade, quando mi sento spinto dal vento, e portato dall’onda, nasce dal fatto che mi abbandono alle forze brute e naturali del mondo, che torno alla vita primitiva” . E tornarci ancora.