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La perla spiaggiata dal marrobbio

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Quando vedi la luna innamorarsi del mare e illuminarlo nelle notti serene. Quando vedi il mare guardare verso il cielo e mirare la luna. Quando vedi piccole gemme liberarsi e riflettere luce. Quando segui le onde che prendono in braccio le perle e le adagiano sulla sabbia bagnata. Quando in quella notte, con il solo sciabordio delle onde, vedi il tuo sogno venirti incontro e sussurrare “Eccomi”. Quando resti solo perché il mare e la luna riparano dietro l’isolotto per fondersi insieme e diventare una cosa sola. Quando vedi il sogno tra le tue mani, ti stendi, guardi il cielo e cerchi di inventare nuove costellazioni, sei felice. Felice come quella perla che ha toccato terra. E sull’isola scopri che la mancanza è solo un sentimento.

Il pescato letterario

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Prenditi il giusto tempo per vivere, per mettere insieme più parole possibili. Sarai riuscito a raccontare le cose ma, soprattutto, le avrai comprese. I pescatori di lettere sono i più pazienti, starebbero ore ed ore con la lenza in mano. Sanno che ogni parola che, alla fine, potranno comporre, sarà godimento, sarà sostanza, nutrimento. I pescatori di lettere, inoltre, portano con loro un dono: quello del silenzio. Sono gli unici, girando l’isola in lungo e in largo, ad averne compreso la forza, accolto il potere comunicativo.  E ogni lettera pescata, ogni parola composta, ogni nome ripetuto è gioia. Uno stato d’animo, così come dice il Bardo (Tanto rumore per nulla): “Il silenzio è il miglior araldo della gioia; la mia sarebbe una gioia da nulla se riuscissi a descriverla”.

Incantesimato

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Le cose necessarie. Mi scappa di pensare alle cose necessarie. A quel libro in alto, da prendere in mano a volte, ripulirlo dalla polvere, rileggerlo per ritrovarci quella storia. A quella canzone che hai bisogno di risentire con gli occhi socchiusi. Immaginando di suonarla e, addirittura, cantarla mentre ti commuove ancora; come la prima volta. A quel luogo dove devi tornare per rispondere a quel richiamo misterioso. Oppure a quel film che rivedresti mille e mille volte, del quale conosci le battute a memoria. E quante altre cose necessarie sull’isola. Sai dove si trovano e ti rassicura saperlo. E poi le persone necessarie. Magari una persona necessaria. Quella che hai incontrato sullo scoglio che è il mondo. Quella che è lì dove sei capitato tu. Necessaria come fosse il quinto elemento naturale. Acqua, terra, fuoco, aria e quella persona. E camminare sull’isola con ciò che ti è necessario. Un libro, una canzone, un film, quel luogo, una persona. E il tempo si f

Pit stop sull'isola

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Le pause bisogna sempre sceglierle. Scegliere il tempo perché sia il momento giusto. Scegliere il luogo perché sia fresco e comodo. Scegliere per fermarsi. Girare l’isola, percorrerla in lungo e in largo. Salire e scendere fino alla torre in cima. Correre lungo la discesa quasi senza respiro e ridere durante questa folle corsa. Scegliere, quindi, la pausa. Quella che ci vuole per tornare a guardartela tutta la tua isola.  Tornare a capire dove vivi, da dove vieni, cosa c’è intorno a te.  Le pause bisogna sempre sceglierle. Magari sotto una vite, con i raggi del sole mediterraneo smorzati dal lino bianco. Le spalle abbandonate sulla sedia più vecchia che hai oppure, per toccarla veramente l’isola, sdraiato sulla terra. Le pause bisogna sempre sceglierle. Sono loro che ti indicheranno quando rialzarti e ripartire.

Il velato vezzo della roccia

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La forza di ogni roccia sta nel coraggio di lasciare andare le conchiglie e custodirne, per sempre, l’impronta.  Tracce di qualcosa che si è compiuto ma che resterà eterno. Chi lo ha detto che la roccia è dura e impenetrabile? È accogliente, morbida di una durezza che avvolge ma non stringe. E quella vicina al mare resta impavida a resistere ai marosi. Non si preoccupa della conchiglia che pian piano si staccherà. L’impronta di quella bellezza resterà lì, delineata, elegante. Nessuna cicatrice, nessuna ferita; solo una fusione tra due elementi che si sono trovati in quel tempo.  Vincere la durezza, l’impossibile, gli elementi. Restare lì, per sempre. L’unica debolezza che si concede una roccia.

Il collezionista di cuori

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C’è il cuore graffiato, abbandonato sul banco della vecchia scuola. Quello ritagliato, che qualcuno ha ripiegato e messo nel taschino. C’è quello forte, radice possente e resistente alle intemperie. C’è quello dalle venature sottili, linfa vitale. C’è quello che sfama, mollica e crosta croccante e appetitosa. C’è quello rosso, dipinto qui e là per ricordarti che esiste. I sei cuori inseguono ognuno, ma bisogna avere occhi buoni per vederli. Il collezionista di cuori sa bene una cosa: non saprà mai dove andare per trovarli. Gli appariranno all’improvviso e lui dovrà essere lì, in quel momento, in compagnia della sua anima. Folle cercatore di cuori diversi. Pescatore paziente di nulla. I sei cuori inseguono ognuno, ma bisogna stare attenti a ciò che ti diranno. Avranno un colore diverso; saranno straziati, sporchi, abbandonati, calpestati. Potranno essere ben definiti, curiosi, sorprendenti, magari invitanti. Ma il collezionista di cuori comprenderà nel tempo pe

La barchetta che sfidava le onde con i sogni

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Le reti prendono il sole quando tornano a terra. Fradice dalle notti di mare, riposano sulla banchina del porto piccolo nell’angolo più tranquillo. Un bambino ripone una barchetta di carta tra le maglie di una di queste. Un gioco, un’illusione di carta. Lui sa benissimo che quella rete, nel fondo del mare, non potrà mai pescare una barchetta di carta. Eppure è felice. Immagina mari tempestosi e correnti impetuose. Guarda la sua barchetta e la rivede forte, pronta ad affrontare le onde alte e imprevedibili. E quella rete, per lui, non è disgrazia, non è fondo e disperazione. Quella barchetta prende il sole, insieme alla rete che l’ha salvata per tenerla a galla. Riportandola sulla banchina, sulla terraferma dove tutto è apparentemente più sicuro. E il bambino ringrazia la rete e gioca. Gioca e ringrazia il mare e la sua isola. Poi prende in mano la sua barchetta e, tenendola ben ferma, la allinea davanti a sé lungo l’orizzonte. E gioca a fuggire, navigando i mari e la